La pedagogia ha conosciuto fin dalle sue origini l’esigenza, o almeno l’opportunità di un rimando del proprio sapere ad altre scienze dell’uomo, in particolare all’etica, alla filosofia, alla psicologia, alla teologia. Va detto subito, però, che si è trattato, sempre, di un rimando caratterizzato dalla subordinazione di uno dei termini all’altro. Due sono le forme di relazione che è dato di registrare: a) della pedagogia asservita alla filosofia o ad altre scienze di derivazione filosofica o teologica; b) della pedagogia che asserve a se stessa ogni altra scienza dell’educazione. Oscillazione, dunque, della pedagogia dallo stato di “serva” a quello di “padrona”; senza mai pervenire alla conquista di una posizione di effettiva autonomia, e quindi alla conseguente relazione matura di comunicazione e di scambio interdisciplinare. Per lungo tempo la pedagogia viene enucleata come etica o logica applicata, assunte, l’una e l’altra, a fondazione dell’educazione morale e intellettuale. A simile connotazione può essere ricondotto tutto il pensiero pedagogico classico: la pedagogia di Platone è dedotta dall’etica e dalla gnoseologia, e così quella di Aristotele; né in forme molto diverse viene proposta la pedagogia cristiana di S. Agostino e di S. Tommaso, nonostante il maggiore impegno dei due filosofi nella trattazione del problema pedagogico, accompagnata da distinte indicazioni metodologiche e didattiche. Simile linea di tendenza resta peraltro quella stessa che orienta – sia pure con qualche lodevole eccezione (gli umanisti, Locke, Rousseau) – l’intera storia successiva della pedagogia (Kant, Fröbel,Ardigò, Gentile) fin quasi alle soglie della contemporaneità.
Secondo l’autore del brano, il rapporto di oscillazione tra la pedagogia e le altre scienze umane: